Gli attuali scenari di approvvigionamento energetico lasciano molte perplessità, prospettando scenari poco felici di fronte all’obbligo di pagamento della fornitura di luce e gas, sia per cittadini che soprattutto per le imprese, specialmente quelle ad alta richiesta energivora. Ma queste imprese oggi hanno la possibilità di investire in energie rinnovabili e autoprodurre energia dal fotovoltaico e, aderendo ad una comunità energetica rinnovabile, beneficiare di una remunerazione addizionale per l’energia non consumata.
La comunità energetica è un concetto basilare e intuitivo, che nasce da una domanda semplice: “Perché non ci scambiamo tra noi l’energia accumulata che non consumiamo?”. Oggi quella domanda si concretizza nel disegno normativo delle “Comunità Energetiche Rinnovabili” (o CER), ossia l’applicazione di principi di sharing economy a un tema, quello dell’energia, centrale per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, di indipendenza energetica e di competitività.
Ma cosa sono le comunità energetiche, e perché possono essere una grande opportunità per le aziende?
Una comunità energetica è un’associazione composta da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o privati cittadini, i quali scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo, attraverso un modello basato sulla condivisione. Si tratta dunque di una forma energetica collaborativa, incentrata su un sistema di scambio locale per favorire la gestione congiunta e lo sviluppo sostenibile, e per ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale.
La filosofia delle comunità energetiche è basata sull’andare oltre la soddisfazione del fabbisogno energetico: esse infatti incentivano la nascita di nuovi modelli socioeconomici caratterizzati dalla circolarità. In una comunità energetica i soggetti sono impegnati nelle diverse fasi di produzione, consumo e scambio dell’energia, secondo i principi di responsabilità ambientale, sociale ed economica e partecipazione attiva in tutti i processi energetici.
Le comunità energetiche riducono le disuguaglianze sociali, diminuiscono l’impatto ambientale e permettono di usufruire di condizioni energetiche economicamente competitive. Inoltre garantiscono importanti benefici per le collettività locali coinvolte:
Attualmente la normativa sulle CER segna un passaggio epocale, da un sistema centralizzato ad uno decentralizzato in cui cittadini e imprese hanno finalmente l’opportunità di giocare un ruolo decisivo nella presa di decisione rispetto al proprio modo di utilizzare e produrre energia.
La normativa sulle Comunità Energetiche infatti, seppur in via sperimentale, ha riconosciuto un importante premio per l’energia non autoconsumata in loco, purché autoconsumata dalla comunità (110 euro al MWh oltre a una specifica esenzione oneri).
Alla luce di queste considerazioni, chi avesse oggi una disponibilità di spazi utilizzabili per l’installazione di pannelli fotovoltaici (e, ancora meglio, se lo spazio disponibile fosse maggiore del necessario per soddisfare i propri consumi) potrebbe, con la partecipazione a una Comunità Energetica, cogliere tutti i seguenti obiettivi:
Visto l’impennarsi dei prezzi dell’energia moltissime aziende, specialmente le PMI, si sono già rese conto che la disponibilità del proprio tetto o di una porzione di terreno limitrofa ai siti produttivi da dedicare ad autoproduzione fotovoltaica non è più “una tra le opzioni” ma rappresenta una necessità competitiva vantaggiosa.
Già in Emilia Romagna ad esempio, nel 2021 è nata una comunità energetica al momento composta da quattro aziende dell’imolese, dall’iniziativa di uno dei player più accreditati per l’avvio di progetti di produzione di energia rinnovabile e de-carbonizzazione degli edifici.
Appoggiarsi a consulenti qualificati per queste soluzioni può minimizzare i tempi di ritorno, permettere di gestire i rischi degli impegni/investimenti e fare in modo che l’operazione entri a fare parte delle strategie aziendali.
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